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Lettera 43 intervista Giusella Finocchiaro: “TripAdvisor, recensioni false: le proteste dei commercianti”

[…] In Italia, la levata di scudi di commercianti e imprenditori è sempre più compatta: da Federalberghi, che in una nota ha parlato di «vera emergenza», a causa di «illeciti capaci di turbare il lavoro degli operatori turistici con ricatti e paure», all’associazione Sos albergatori, che con l’applicazione Pirtadvisor provano a smascherare le recensioni ingannevoli, fino a quelli diventati aperti oppositori del portale Usa, tanto da esporre all’entrata del locale un cartello inequivocabile: «Qui non si accettano utenti di TripAdvisor».

Il problema, dibattuto da anni, è innanzitutto giuridico: il decreto legislativo 70/2003 (concepito in attuazione della direttiva europea 2000/31/Ce) prescrive che il titolare del servizio sul web non è responsabile delle informazioni inviate da un utente, a meno che non sia a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita, o che qualora a conoscenza di tali fatti, su richiesta del giudice, non agisca subito per rimuovere le informazioni o per inibirne l’accesso.
È per questo che TripAdvisor o altri siti simili non hanno l’obbligo di verificare l’identità di chi scrive o le informazioni riportate, e dunque «l’unica tutela possibile è quella a reato già avvenuto: chiedere la rimozione della recensione, direttamente o tramite il proprio legale, e il risarcimento del danno», spiega a Lettera43.itGiusella Finocchiaro, avvocatessa e docente di Diritto di internet all’Università di Bologna, e che dal 2003 studia la privacy e l’anonimato in rete, «o agire in giudizio, anche in caso di diffamazione o lesione del diritto all’identità personale»

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